C’è una questione che continuamente ritorna a chiedere una adeguata soluzione. Finora non l’ha ancora trovata. Il ruolo pubblico della religione (cattolica) è ormai stabilmente indicato nella animazione etica della società. La Chiesa cattolica, insieme alle altre religioni, avrebbe questo ruolo di conservazione e diffusione dei valori morali necessari alla vita comunitaria. Questo sarebbe anche il motivo per cui il potere politico dovrebbe garantire ad essa, come anche alle altre religioni, la  libertà in pubblico. Lo ha ribadito don Alberto Frigerio sul numero appena uscito della Rivista Teologica di Lugano (n. 3, novembre 2022) che ospita un suo lungo articolo “Coscienza religiosa: origini e sviluppi” (pp. 385-484). Le osservazioni che seguono riguardano soprattutto le pagine 457-460.

Rawls, Habermas. Böchenförde affermano che le religioni offrono un contributo prezioso alla società mediante la loro sapienza e producono elementi condivisi per l’edificazione della vita comune. Ricoeur dice che esse forniscono “percorsi di riconoscimento”. La laicità corretta consisterebbe allora in questo: il potere politico valorizza le religioni non come religioni ma le loro manifestazioni aventi rilevanza sociale; le religioni da parte loro promuovono e salvaguardano i fondamenti etici della società. Così la pensa anche Frigerio che esclude quindi il laicismo alla francese e considera positivo quello americano della religious freedom. La differenza, secondo lui, è dovuta al fatto che la rivoluzione americana ha presupposti religiosi mentre quella francese li ha antireligiosi.

Anche a questa impostazione riassunta da Frigerio si possono fare alcune osservazioni che abbiamo già potuto applicare ad altre dottrine sulla laicità e sulla libertà di religione [QUI, QUI, QUI].

Dove si trovano i principi etici così fondamentali per la vita sociale? Nelle religioni e nei percorsi di riconoscimento da esse proposti? Assolutamente no. Ci sono religioni che consumano valori sociali  anziché crearne. Considerarle tutte in grado di animare l’etica sociale anziché reprimerla vuol dire proclamare un vero e proprio indifferentismo religioso. Lo Stato, dice Frigerio, deve valorizzare non le religioni in quanto tali, ma i loro contenuti utili alla società. E con quali criteri? Lo Stato non è in grado di stabilire i valori sociali, non li produce in proprio e se lo facesse sarebbe un guaio per tutti. Per farlo dovrebbe essere in grado di selezionare nelle varie religioni quanto è utile e quanto è dannoso alla vita sociale, ma come farlo se tutte le religioni producono sapienza? Lo Stato potrebbe farlo se avesse alle spalle una ragione politica a valore metafisico, ma anche se così fosse, come potrebbe mantenervisi fedele senza nessun aiuto? Strana questa laicità di Frigerio: la producono tutte le religioni indistintamente (anche quelle integraliste? Panteiste? new age?) e lo Stato la difende permettendo alle varie religioni di esprimersi senza però avere criteri per stabilire l’utile e il dannoso per la vita politica nell’esperienza religiosa. Tutti salvaguarderebbero i fondamenti etici della società, sia le religioni che lo Stato, ma nessuno sa quali siano. E allora come fanno a difenderli?

La distinzione poi tra le due laicità, americana e francese, diventata ormai un classico ovunque ripetuto per inerzia e dato per scontato, in verità non tiene. È vero che la rivoluzione americana si fondava sulla religione, ma era la religione protestante che separava ragione politica e fede religiosa, favorendo una religiosità intima e soggettiva a fronte di uno Stato che non aveva più l’obiettivo del bene comune ma solo dell’ordine sociale. Anche in questo caso la laicità rimane priva di fondamenti etici, nella inutile presunzione che essi possano emergere da un pubblico dibattito a cui dovrebbero partecipare tutte le religioni. Ci sarebbe un dibattito e un garante del dibattito: ma questa non è laicità dato che non esistono criteri né per il dibattito né per garantirlo dall’alto del potere politico.

Stefano Fontana

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Stefano Fontana

Direttore dell'Osservatorio Card. Van Thuận