È accertato che molti vaccini contengano cellule umane, derivanti da feti di bambini abortiti volontariamente; questo viene spiegato bene da molti scienziati e medici ed è stato confermato anche da organi ufficiali della Chiesa Cattolica.

La Pontificia Accademia per la Vita nel 2005 ha pubblicato le Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti”, in cui si legge una chiara condanna di questi prodotti ed un invito ad esercitare l’obiezione di coscienza nei loro confronti, che troviamo anche nell’Enciclica. Evangelium vitae, nr. 74, di Giovanni Paolo II.

Un nuovo documento (vedi qui)  decisamente in contrasto con il precedente, è stato redatto dall’Accademia Pontifica per la Vita nel luglio del 2017, nel quale viene edulcorato il male dovuto all’azione dell’aborto, essendo avvenuto tanti prima; in questo documento non viene condannato l’uso delle catene cellulari umane provenienti da tessuti di bambini abortiti, in quanto viene spiegato che il male in senso morale sta nelle azioni, quindi nell’aborto, ma non nelle cose o nella materia, ovvero nell’uso dei tessuti; in pratica sparisce il senso di cooperazione al male e, come ha spiegato in un convegno organizzato lo scorso anno a Roma da “Renovatio 21”, la dott.ssa Martina Collotta, medico chirurgo e bioeticista, «la materia di fatto viene fatta neutra, diventando oggetto commerciale». Il documento del 2017 considera inoltre come dovere di ogni cristiano vaccinarsi per il bene comune, senza che questo comporti partecipazione al male.

Di fatto viene meno il rispetto della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale, che è uno dei principi non negoziabili ricordati da Benedetto XVI e viene “abrogata” l’Evangelium vitae.

“È vero che, dal punto di vista della ricerca scientifica, per ottenere dei vaccini contro dei virus sono necessarie delle cellule, – spiega la Dott.ssa Collotta – perché i virus non possono crescere da soli se non hanno delle cellule in cui replicarsi; quello che invece non è vero è che queste cellule debbano essere umane, tanto meno che debbano essere necessariamente di feti. Questo fa comodo perché una cellula proveniente da un feto abortito è una cellula estremamente giovane, cioè una cellula che in laboratorio per un ricercatore ha una resa grandissima, ma si tratta di una questione che è meramente economica».

Per il loro utilizzo, bisogna che queste cellule provengano da feti di bambini necessariamente abortiti in maniera volontaria, perché questi sono bambini sani, mentre un feto abortito spontaneamente è costituito da cellule che portano anomalie genetiche.

La dott.ssa Theresa Deisher, del Sund Choice Pharmaceutical Institute, spiega bene quanto sia pericoloso iniettare, soprattutto in bambini sotto i tre anni di età, vaccini che contengono DNA umano, capace di attivare un attacco di anticorpi contro il proprio corpo; altrettanto bene spiega che per allevare i virus per i vaccini non si debba necessariamente utilizzare cellule umane, ma si possono utilizzare anche cellule animali, il cui DNA non si inserirà mai dentro un genoma di persona umana, perché è di una specie diversa.

Dubbi sull’innocuità dei vaccini sono stati espressi pure nella Relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta, documento XXII bis nr. 23 del 7 febbraio 2018 (vedi qui),  in cui si sono studiati anche gli effetti dei vaccini sui militari: «La Commissione ha dovuto riscontrare l’impossibilità a giungere a conclusioni precise in quanto … mancavano i dati sulle vaccinazioni multiple per ogni militare e i relativi effetti sul DNA per ogni singolo militare malato».

La posizione espressa dalla Pontificia Accademia per la Vita nel 2017 si può perlomeno dire abbia generato un po’ di confusione; la pericolosità di una deriva morale ed etica dovuta a questa confusione la troviamo direttamente nelle parole del dott. Stanley Plotkin, medico specializzato nella creazione dei vaccini, co-inventore del vaccino contro la rosolia ed importante consulente per Big Pharma; in data 11 gennaio 2018 fu chiamato a testimoniare in tribunale, durante una causa portata avanti dalla madre di una bambina; sotto giuramento ha dovuto rispondere a diverse domande, ammettendo che solo per una ricerca ha usato 76 feti di bambini abortiti in età gestazionale sopra i tre mesi, senza ricordare di preciso quanti altri feti abbia usato nel corso della sua carriera; ad un certo punto un avvocato gli domanda (vedi qui): «Lei sa che una delle obiezioni alla vaccinazione da parte del querelante è l’inclusione del tessuto di feti abortiti nello sviluppo dei vaccini e il fatto che è uno degli ingredienti?». Emblematica la risposta di Plotkin: «Ne sono al corrente, la Chiesa cattolica ha pubblicato una risposta a questo dilemma ed ha affermato che gli individui che hanno bisogno del vaccino, possono fare il vaccino. Suppongo che l’accusa che io andrò all’inferno per via dell’uso dei feti abortiti è un’accusa che accetterò volentieri».

Autorevoli voci della Chiesa hanno espresso pareri contrastanti sull’uso dei vaccini contenenti cellule umane di bambini abortiti.

Lo scorso 30 luglio la Conferenza Episcopale britannica ha pubblicato una Lettera (vedi qui) in cui viene detto che «tutte le vaccinazioni clinicamente raccomandate possono essere usate con la coscienza pulita», affermando che «La Chiesa cattolica sostiene fermamente la vaccinazione e considera che i cattolici abbiano come dovere prima facie il farsi vaccinare, non solo per motivi di salute ma anche per solidarietà con gli altri, specialmente i più vulnerabili».

In risposta a questa posizione, il Vescovo texano Joseph Strickland (vedi qui) ha ribadito lo scorso 1 agosto la sua posizione: «Rinnovo la mia richiesta di rifiutare qualsiasi vaccino sviluppato utilizzando bambini abortiti. Anche se ha avuto origine decenni fa, significa ancora che la vita di un bambino era finita prima che nascesse e quindi il suo corpo era usato come pezzi di ricambio. Non la finiremo mai con l’aborto se non fermiamo questo male!».

L’anno passato un autorevole esponente della Chiesa cattolica, il Card. Raymond Leo Burke, ha partecipato ad un importante convegno organizzato a Roma da “Renovatio 21”, dal titolo “Fede, Scienza e Coscienza – l’utilizzo dei feti abortiti nei prodotti farmaceutici”; lo scorso 20 maggio il Cardinale si è espresso con veemenza contro le vaccinazioni forzate obbligatorie che potrebbero avere luogo a seguito dello sviluppo di un vaccino contro il coronavirus; durante il suo discorso al Forum sulla vita a Roma, tenuto quest’anno in forma virtuale, ha affermato che «deve essere chiaro che la stessa vaccinazione non può essere imposta, in modo totalitario, ai cittadini».

Sembrano esserci due visioni diverse all’interno della Chiesa, ma è presumibile che non tutti coloro che le esprimono abbiano forse veramente approfondito l’origine della questione, perché altrimenti non accetterebbero, eticamente e moralmente,  alla prassi di ricorrere ad aborti volontari per avere materiale da laboratorio a disposizione.

Obbligo morale di tutta la Chiesa, e ciascuno di noi ne è componente, è quello di richiedere e pretendere, a tutti i livelli, un’offerta alternativa  etica nei vaccini.

Amedeo Rossetti

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Amedeo Rossetti

Collaboratore dell'Osservatorio