Grafici sempre pronti
Se digitate su Google “Italia covid” o “Lombardia covid” o “Turks e Caicos covid” in bella evidenza vedrete sempre loro, le curve statistiche. Prendiamo “Italia covid”, ad esempio: la curva vi dirà che abbiamo avuto un’epidemia violentissima tra metà ottobre 2020 e metà maggio 2021, e per il resto tutto abbastanza quieto.
Vi sembra di ricordare che è successo qualcosa anche in marzo-aprile 2020? Avete ragione. Infatti la prima curva che vi mettono in vista è quella dei “casi”, non dei morti.
Stando ai “casi”, in marzo-aprile 2020 non è accaduto nulla. Da qui potete subito intuire che la curva dei casi non conta, ed è bene rivolgersi alla curva dei morti, che è un po’ più solida. Se aveste infatti 50 milioni di casi e zero morti, qualcuno si agiterebbe per il covid?
I morti danno una curva più verosimile, e, con buona approssimazione, danno anche indicazioni sull’intasamento ospedaliero, visto che (almeno in Italia) l’epidemia a domicilio è solo “osservata” e non “curata”, e tutto si riversa sull’ospedale.
Con la curva dei morti rivediamo la foto verosimile dell’Italia: botta a marzo-aprile 2020, rapido declino in maggio, silenzio estivo, recrudescenza autunnale, flessione nel cuore dell’inverno, ripartenza primaverile, rapido declino in maggio, silenzio estivo, quiete stabile.
Quiete stabile, lo sottolineo, anche se i TG e i governatori d’Italia sono molto agitati: i morti di oggi sono 46, meno di un decimo rispetto all’analogo periodo del 2020, e sono gli stessi morti del 27 agosto.
Per tenere l’Italia in perenne agitazione basta comunque poco: bastano gli aggettivi utilizzati nei media, in totale dispregio dei numeri, uniti a una sorta di “ipocondria istituzionale”. Le istituzioni dovrebbero ricordare che in Italia muoiono 1738 persone in media ogni giorno (dati 2019, pre-covid) e quindi, poiché la mortalità cresce enormemente in autunno-inverno, oggi presumibilmente sono morte 2.000 persone. E noi diventiamo matti (ore di TV, miliardi di spesa) per i 46 morti covid.
Casi, morti, vaccinati
Oltre all’inutile curva dei casi e alla significativa curva dei morti, vi danno sempre la curva dei vaccinati.
È la curva più falsa di tutte: è sempre in crescita, come se fosse valida la regola “persona vaccinata, persona salvata”.
Se la curva avesse un minimo di serietà, dovrebbe ogni giorno togliere dal totale delle persone vaccinate quelle che erano state vaccinate 6 mesi prima: su queste gli anticorpi sono statisticamente scomparsi, e sono quindi degli ex-vaccinati.
Non lo faranno mai: il 100% è la vetta ambita, che devono continuamente avvicinare.
A cosa servono queste curve?
Dubito che questa perfetta organizzazione statistica mondiale sia stata messa in piedi per far divertire Giovanni Lazzaretti e qualche curioso come lui. L’organizzazione statistica serve semplicemente ai media.
Supponete di essere il giornalista di una testata che si è posta come obiettivo: «Panico sempre e comunque». Vi mettete a video, fate scorrere un po’ di grafici, scegliete un paese che ha un picco di qualcosa (casi o morti non ha importanza, l’importante è che sia un picco), e scrivete l’articolo standard: caos ospedaliero, le intensive scoppiano, non c’erano così tanti casi/morti dal giorno GG/MM/AAAA, il commento del dottor Pinco Palla medico in prima linea, eccetera, le solite cose.
Poi ci sono le due varianti: se è un paese stravaccinato «è più che mai necessaria la terza dose»; se invece è un paese poco vaccinato «hanno la percentuale di vaccinati al 30% e ne pagano le conseguenze».
Naturalmente si guardano bene dal fare un articolo quindici giorni dopo per comunicarci: «Buone notizie, il picco registrato nel Pontevedro si è rapidamente estinto». Si va di picco in picco, di paura in paura.
Italia-Germania 10-1 (per puro caso)
Italia-Germania 10-1: nel senso che da noi i morti sono ridotti di 10 volte rispetto al novembre 2020, mentre in Germania fanno patta, i morti del novembre 2021 sono come quelli del 2020. Provate a spiegare questa strana faccenda in ottica vaccinale: ci sono differenze sostanziali tra i due paesi? Non ci sono.
Giocate liberamente tra queste curve, di Stato in Stato, e dedurrete che non c’è correlazione tra morti e vaccinazioni. Se trovate una correlazione in uno Stato, ve la smentirò prontamente con la curva di un altro Stato.
L’unica cosa che si può dedurre è che il covid fa i cavoli suoi, e si disinteressa del vaccino. Provate a spiegare razionalmente perché da noi ha colpito duro in marzo-aprile 2020 e in Germania no. Provate a spiegare perché, da ipervaccinati entrambi, noi adesso a morti stiamo bassi e loro alti. Provate a spiegare perché la Grecia vaccinata ha lo stesso livello di morti della Grecia non vaccinata. E nella vicina Turchia non va diversamente.
Povera Romania
Chiudevo il Samizdat precedente con l’epitaffio della povera Romania: «Il baratro del Coronavirus in Romania tra vescovi No-vax, ospedali a fuoco e cimiteri esauriti – La Romania sprofonda nel baratro del Coronavirus. È uno dei paesi con i più alti tassi al mondo di mortalità per Covid-19 e tra i più bassi, invece, dal punto di vista della campagna vaccinale».
La Romania sta realmente male a morti. Sono 54.838 in un paese con 19.290.000 abitanti: 2.842 per milione, difficile trovare casi simili.
Difficile ma non impossibile: Stato di New York, 19.450.000 abitanti, 56.681 decessi, 2.914 morti per milione. Considerato che il PIL pro capite USA è cinque volte quello della Romania, direi che lo Stato di New York nei confronti della Romania non ci fa una bella figura.
In casa nostra possiamo prendere la triade Lombardia + Piemonte + Emilia Romagna: regioni tre/quattro volte più ricche della Romania, omogenee come itinerario-covid, con 18.876.457 abitanti a fine 2019, 59.849 morti, 3.170 morti per milione.
«Sì, però…» Il “si però” lo tratto dopo.
Adesso i media già seguono altri Stati: hanno scelto la Romania quando c’era il picco, già adesso non serve più. E si leggono frasi di questo tipo: «Sempre pesante la situazione in Bulgaria e Romania, anche se in entrambi i Paesi, pur restando il sistema sanitario sotto pressione, negli ultimi giorni il numero di casi e decessi ha registrato un incremento minore».
Certo, poiché il totale dei morti non può che crescere, non hanno mica detto una falsità parlando di “incremento minore”. Ma le curve vengono fatte sull’andamento dei morti a 7 giorni, se si vuole vedere come vanno le cose. E la cosa corretta è dire che c’è un calo dei morti (c’è anche un tracollo dei casi, per quel che valgono).
Sì, però…
Il «Sì, però…» riguarda la narrazione favolistica del virus: prima il virus colpisce duro, poi arriva la Fatina Pfizer che, con un tocco di bacchetta magica, rimette le cose a posto.
Ma il virus va per conto suo, non segue le narrazioni: in Romania colpiva meno quando le vaccinazioni non c’erano affatto, e ha cominciato a colpire più duro in coincidenza, del tutto casuale, con un’impennata delle vaccinazioni.
Se cominciamo a credere che i paesi virtuosi sono quelli che hanno avuto il covid subito, e poi l’hanno “fermato” col vaccino, non capiremo nulla.
Un vaccino “a perdere”, che muore in 6 mesi (1), che viene somministrato con epidemia in corso, che viene somministrato a milioni di persone prive di “rischio covid”, che crea varianti, è un inganno. E le curve più variegate che potrete visualizzare nei singoli Stati ve ne daranno la percezione netta.
Mi raccomando, però: grafici & cervello. (1) Cancellare la curva dei “casi” (2) Cercare l’entità della popolazione dello Stato/Regione esaminata (3) Leggere la curva dei morti (4) In ascissa c’è sempre il tempo, in ordinata fate attenzione alla scala, altrimenti potreste spaventarvi per i morti di Gibilterra (5) Guardate la curva dei vaccini (6) Constatate la non-correlazione tra vaccini e morti (7) Sorridete dei politici ipocondriaci (8) Chiedete una sola cosa: «Curateci!»
Giovanni Lazzaretti
giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com
NOTE
(1) Se vi dicono che dopo 6 mesi mantiene un’efficacia dell’82% non credeteci, per due motivi: (a) il calcolo è fatto sui “casi”, non sui morti (b) se adesso danno la terza dose dopo 5 mesi, possiamo star certi della raggiunta inefficacia
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Giovanni Lazzaretti
Membro del Collegio degli Autori