Recensione a A. Mantovano (a cura di), Droga – Le ragioni del no. La scienza, la legge, le sentenze, Cantagalli, Siena 2022, pp. 271

Drogarsi è male, fa male e dovrebbe essere proibito. Sono ovvietà, ma oggi largamente disconosciute: occorrono perciò, a supporto, qualificate pubblicazioni scientifiche e pure di taglio divulgativo, che attingano anche ai dati statistici ed empirici più recenti. Il volume in commento, curato da Alfredo Mantovano (consigliere della Corte di Cassazione), risponde a queste esigenze e ha in proposito un opportuno approccio interdisciplinare.

Il primo capitolo, a firma del curatore, ricostruisce la complessa storia giuridica degli stupefacenti nel nostro Paese: dalla fallimentare legge del 1975, figlia della mentalità sessantottina, al testo unico di cui al d.p.r. n. 309/1990, che ha stabilito “un corretto equilibrio fra rigore e recupero” (p. 14); dallo “squilibrio di sistema” provocato dal referendum radicale abrogativo del 1993 (p. 17) al ripristino di una certa ragionevolezza con la l. n. 49/2006, che ebbe il merito di eliminare la distinzione tra droghe c.d. leggere e pesanti, “compiendo il salto di qualità culturale richiesto dalla realtà” (p. 32); dal discutibilissimo intervento demolitorio della Corte costituzionale nel 2014 alla sciagurata riforma del governo Renzi con il d.l. n. 36/2014, che depotenziando significativamente l’apparato sanzionatorio ha compromesso l’efficacia delle operazioni antidroga, mentre sembra avere indotto, di fatto, effetti collaterali come l’aumento degli incidenti stradali correlati all’utilizzo degli stupefacenti (p. 46). Chiude il saggio un commento alla situazione di illegalità diffusa delle attività dei cannabis shop.

Il secondo capitolo, dello stesso autore e dell’avvocato Domenico Menorello, guarda ai più recenti sviluppi giuridici della materia. Esamina il quesito referendario finalizzato alla legalizzazione della cannabis (e non solo), ritenuto inammissibile dalla Corte costituzionale, tra l’altro, perché avrebbe determinato la violazione di obblighi internazionali, da parte del nostro ordinamento, in materia di contrasto al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope. Nel saggio è anche opportunamente stigmatizzato l’atteggiamento accondiscendente del governo Draghi nei confronti di tale referendum (p. 58). L’analisi si conclude con la disamina critica della recente proposta legislativa parlamentare, di matrice antiproibizionista.

La trattazione giuridica (e criminologica) è completata nei capitoli 6-8. Nel sesto capitolo, Mauro Ronco (professore emerito di diritto penale) ripercorre anzitutto il clima culturale e i presupposti valoriali che hanno favorito le strategie di liberalizzazione delle droghe, pure a fronte della stipulazione di importanti convenzioni internazionali finalizzate alla repressione dei traffici illeciti. Mette in luce le distorsioni interpretative operate dalla dottrina anche giuridica al fine di scardinare un sistema – quello risalente al testo unico del 1990 – rivelatosi mediamente efficace su tutti i piani: preventivo, repressivo e di recupero (p. 142 ss.). Avverte dei gravi pericoli insiti nelle iniziative antiproibizioniste per la libertà delle persone, la sicurezza e l’ordine pubblico.

Il contributo di Domenica Airoma (procuratore della Repubblica), di cui al settimo capitolo, smonta la tesi secondo cui legalizzare la droga (anche al di là della questione etica e morale) consentirebbe di contrastare gli affari in proposito della criminalità organizzata. Ciò non accadrebbe, perché questa continuerebbe a garantire lo spaccio in favore dei soggetti esclusi dalla legalizzazione (come i minorenni); a consentire di approvvigionarsi di quantitativi eccedenti i limiti legali; a fornire sostanze che il legislatore non potrebbe approvare (p. 169 ss.). Probabilmente, poi, la criminalità organizzata riuscirebbe a proporre le sostanze a prezzi sensibilmente inferiori alle strutture legalizzate, che sarebbero soggette all’imposizione fiscale e dovrebbero naturalmente sopportare il costo del lavoro.

Nel capitolo ottavo, l’avvocato Francesco Cavallo presenta gli effetti della legalizzazione in alcuni Stati degli USA. Rileva come, contrariamente a quanto sostiene la propaganda drogastica, con la liberalizzazione crescano i consumi, con compromissione della salute pubblica (p. 196), negando altresì che diminuiscano il consumo di alcol, di altre sostanze, dei suicidi. Anzi, sembrano essersi intensificati, in quegli Stati, episodi di criminalità violenta (p. 202). Il mercato illegale, poi, appare aumentato, perché in grado di sostentarsi praticando prezzi inferiori a quello legale. I vantaggi occupazionali, infine, risultano risibili (p. 205).

Passando ai profili medici, il terzo capitolo, di Luca Navarini (ricercatore in reumatologia), analizza le controverse finalità “ricreative” e terapeutiche della cannabis.  Quanto alla prima, l’autore esclude che possa parlarsi oggettivamente di utilizzo ricreativo di simili sostanze: esse, infatti, lungi dall’avere effetti positivi, possono determinare “ansia, panico, alterazioni cognitive e sintomi psicotici”, oltre a favorire “incidenti stradali e guida pericolosa” (p. 84), senza contare altri effetti patologici conseguenti a un utilizzo cronico, come schizofrenia, problemi respiratori, cardiovascolari e altro ancora. Quanto poi alle evidenze scientifiche per l’utilizzo medico dei fitocannabinoidi, l’autore presenta una sintesi della letteratura scientifica in materia: questa risulta ancora in gran parte insufficiente a rendere esiti affidabili. L’autore ritiene che, nei limitati casi in cui tali sostanze possano sortire effetti positivi (come rimedio ad es. a nausea e vomito in caso di chemioterapia), nulla comunque possa giustificare e legittimare l’autocoltivazione della cannabis. Il trattamento deve permanere di carattere strettamente farmacologico e sotto sorveglianza medica.

Nel quarto capitolo, Massimo Gandolfini (neurochirurgo e psichiatra) descrive gli effetti della cannabis e dei suoi derivati sul sistema nervoso, specialmente dei minori. Ricorda che gli stupefacenti inducono tolleranza, assuefazione e dipendenza (pp. 101-102), fino allo strutturarsi di un vero e proprio “carcere neurobiologico” (p. 104). Elenca le accertate conseguenze devastanti sull’organismo del tossicodipendente, particolarmente negli adolescenti, valendosi anche di un clinical report della American Academy of Pediatrics: da esso, emergono ad es. possibili anomalie dello sviluppo cerebrale conseguenti all’assunzione delle sostanze in parola (p. 106).

Nel quinto capitolo, Massimo Polledri (neuropsichiatra infantile) si sofferma sugli effetti psichiatrici dell’utilizzo di stupefacenti: depressione, disturbo bipolare, disturbi d’ansia, disturbi da attacchi di panico, disturbi ossessivo compulsivi, ecc. (p. 111 ss.).

Una indagine sul consumo di droga tra i giovani è nel capitolo nono, dell’avvocato Daniela Bianchini e di Daniele Onori, mediante l’analisi dei dati offerti dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il decimo capitolo offre la testimonianza di chi affronta la “sfida del recupero”, come la Comunità San Patrignano e Pars Onlus (p. 233). Si tratta di interventi interessanti, perché mettono in luce le difficoltà pratiche originate dagli ultimi interventi normativi: la tendenza alla depenalizzazione, ad esempio, riduce significativamente la possibilità dei tossicodipendenti di entrare in contatto con le comunità di recupero. Per questo, le iniziative normative di legalizzazione non solo lanciano ai giovani messaggi estremamente pericolosi sul piano culturale ed esistenziale; ma anche, normalizzando il consumo di droga, comprimono le opportunità terapeutiche, lasciando spesso abbandonate a se stesse persone in stato di grave sofferenza.

La postilla finale, di Alfredo Mantovano e Domenico Menorello, conclude incisivamente come “cambiare le norme per far diventare la droga legale significa offrire come modello di percorso esistenziale un rifugio fittizio di stordimento, per ottenere l’illusione di uno spazio in cui la solitudine e la proiezione onirica di sé divengono menzognero valore di esistenza”; e, in positivo, “chi non si arrende a questa «abrogazione» per via normativa del cuore dell’uomo, ha il dovere di opporsi al triste orizzonte umano cui appartengono e conducono gli stupefacenti” (p. 264).

Marco Ferraresi

Segretario Unione Giuristi Cattolici di Pavia “Beato Contardo Ferrini”

Collegio degli Autori dell’Osservatorio

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