A pochi giorni di distanza dalla conclusione del G7 di Fasano, in provincia di Brindisi, il cui documento finale ha suscitato un grande clamore per l’assenza di ogni riferimento esplicito all’aborto e alle tematiche gender, sabato 22 giugno si è svolta a Roma l’annuale Manifestazione Nazionale per la Vita, che ha visto oltre 30.000 persone sfilare per le vie della Capitale da tutta Italia per difendere il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale.

E se è vero che le polemiche accese in seguito al G7 si sono rivelate in gran parte ingiustificate (fonti ufficiali del nostro Governo si sono affrettate a spiegare che nel testo pubblicato alla chiusura dei lavori «non c’è alcun passo indietro» sul tema, «non si è tolto nulla», semplicemente «non si troverà la parola “aborto” perché implicita nel richiamo alle conclusioni di Hiroshima, che quindi vengono riconfermate»), occorre dire però che hanno avuto il merito, se non altro, di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della difesa della vita, facendo da apripista alla Manifestazione.

«Oggi si è alzata forte a Roma la voce di migliaia di persone per chiedere la fine dell’aborto- ha dichiarato il portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus Jacopo Coghe, tra i promotori e co-organizzatori della Manifestazione Nazionale per la Vita– una pratica barbara e disumana che sopprime la vita di un essere umano inerme e innocente nel grembo materno. La vita umana inizia nel momento del concepimento e la legge deve riconoscere la personalità giuridica e i diritti umani fondamentali del concepito. Nessuna società sarà mai veramente giusta, inclusiva ed egualitaria senza il rispetto del diritto universale a nascere. Di fronte a una crisi demografica devastante che sta facendo collassare l’intero sistema sociale italiano, come confermato recentemente anche dall’OCSE, chiediamo al Governo di mettere in cantiere una vera e propria rivoluzione socio-economica per sostenere le famiglie e rilanciare la natalità. Servono riforme fiscali, abitative e lavorative strutturali per agevolare la formazione di famiglie giovani, stabili e aperte all’accoglienza di più figli. Apprezziamo e sosteniamo il cambio di rotta politico confermato anche dalle Elezioni Europee e dalla polemica sul riferimento all’aborto nel documento finale del G7, ma la drammaticità della situazione impone di passare adesso molto più concretamente all’azione, mettendo a bilancio tutti i miliardi che servono per l’elettroshock demografico di cui l’Italia ha bisogno per non morire».

Si tratta realmente di una battaglia sulla quale non si può e non si deve più indietreggiare, perché la piaga terrificante dell’aborto (in un anno, quasi 65mila IVG in Italia e 44milioni nel mondo) oltre ad essere una concausa importante della crisi demografica, rappresenta drammaticamente la porta di accesso e la giustificazione etica per ogni altra violenza.  Due grandi Santi del nostro tempo, San Pio da Pietrelcina e Santa Teresa di Calcutta, lo hanno affermato con grande chiarezza e decisione in numerose occasioni. Entrambi consideravano l’aborto il vero distruttore della pace, senza se e senza ma. Il primo, nei lontani anni ’60, molto prima del dilagare dell’aborto procurato dalla legge 194, arrivò ad affermare, con una delle sue affermazioni lapidarie e profetiche, che: “Basterebbe un giorno senza nessun aborto e Dio concederebbe la pace al mondo fino al termine dei giorni” (San Padre Pio, risposta ad una domanda del dott. Lotti). Madre Teresa, da parte sua, non perdeva occasione per ricordarlo al mondo intero, come in occasione del discorso per l’accettazione del Premio Nobel per la pace «Tante persone sono molto preoccupate per i bambini che muoiono di fame, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla». 

Benissimo, quindi, chiedere –come è stato fatto in occasione della Manifestazione- di “passare adesso molto più concretamente all’azione” ma non saranno, purtroppo, le sole risorse finanziarie e le riforme socio-economiche a determinare un deciso cambio di rotta. La vera battaglia, per limitarci alle questioni di casa nostra, dovrebbe mirare innanzitutto all’abrogazione della L.194, che ha aperto le porte alla logica del diritto all’aborto. “L’aborto è un diritto e non si tocca”, afferma oggi la maggior parte dell’opinione pubblica e  dei nostri politici. Non a caso, la Presidente del Consiglio in carica ha affermato più volte: “Non voglio abolire o modificare la legge sull’aborto, ma applicarla integralmente“. “E se il diritto -ogni vero diritto- per sua stessa natura dovrebbe avere come fine il bene della persona e della società, dovremmo concludere che uccidere una vita umana nel grembo della madre è non solo lecito, ma talvolta persino doveroso e conveniente. Dovrebbe considerarsi, in definitiva, un bene.

“Uccidere”, è questo il tema scottante dell’aborto. Con l’aborto si uccide? E se sì, chi o che cosa si uccide? E’ un vero paradosso: nell’epoca dell’esaltazione della scienza come principio di salvezza dell’umanità, entriamo in contraddizione proprio con una delle conferme scientifiche più interessanti del ventesimo secolo: l’embrione umano è persona. Quindi con l’aborto, anche nelle primissime fasi della gravidanza, si uccide una persona. I nostri antenati lo sapevano già, senza bisogno di grandi studi; oggi, abbiamo anche le conferme scientifiche: l’embrione è persona dal momento del concepimento; ha già una appartenenza sessuale, ha un DNA diverso da quello dei genitori, di cui porta solo una traccia. Non è, dunque, un’espansione, una appendice o un organo della madre, ma un nuovo essere umano, unico e irripetibile. Pertanto ha la dignità che spetta ad ogni uomo e, come tale, la sua soppressione cosciente e volontaria è un omicidio. E l’omicidio è tanto più grave in quanto perpetrato nei confronti di chi è più debole e bisognoso di attenzioni.

Non è plausibile una legge che permetta l’uccisione di un innocente ritenendola un bene. Non è diritto di scelta delle donne sopprimere un figlio. E’, anzi, una violenza che scuote nel profondo la coscienza degli individui e delle società intere. Una violenza che, come tale, toglie la pace interiore. La guerra infatti, ogni guerra, prima ancora di esplodere tra i popoli, nasce nel cuore del singolo uomo e nella coscienza ferita delle società. Occorrerebbe il coraggio (anche se qualcuno lo definisce ingenuo o utopico idealismo, mentre la politica “è l’arte del compromesso”) di scendere in campo contro la L.194, senza se e senza ma, sull’esempio dei nostri Santi. Anche Papa Francesco, nel corso della Manifestazione, ha inviato un messaggio col quale ha esortato i presenti ad “andare avanti con coraggio nella difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale”, sulla quale, ha detto il Pontefice, “non si fanno compromessi”… La vera battaglia, dunque, è contro la logica che riconosce come diritto ciò che diritto non è, diventando fonte e giustificazione di ogni altra violenza.

In questi giorni in particolare, in cui soffiano drammatici venti di guerra anche sull’Europa, occorrerebbe ricordarlo con particolare attenzione.

Marco Lepore

(Foto: Screenshot da youtube)

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