L’avanzamento tecnologico è uno dei grandi temi ancora molto dibattuti. Ernst Friedrich Schumacher (1911-1977), famoso economista tedesco tra le cui opere ricordiamo il libro Piccolo è bello, lo affronta affidandosi alla medietà tipica di un pensatore con una forte impronta aristotelico-tomista. L’autore ci spiega come la ricerca scientifica e l’avanzamento tecnologico debbano continuare, ma bisogna modificare la loro direzione, evitando di mettere a repentaglio la vita dell’uomo per mirare invece a mantenerla e valorizzarla.

Vediamo quindi come l’economista tedesco sia favorevole al progresso tecnologico ma subordinato all’etica. Senza etica non si può più parlare di vero progresso perché quello tecnologico diventa incontrollabile e può far regredire invece che avanzare la società umana. La crescita economica non può essere una trasgressione contro l’uomo, altrimenti significherebbe condurre i propri affari senza prendere in considerazione che l’uomo esiste[1].

L’autore ci spiega come la tecnologia e le macchine non abbiano un principio di autolimitazione, e di conseguenza la tecnologia non ha la virtù di essere auto-equilibrata, auto-adattiva e auto-purificante. Per questo c’è bisogno di pensare a una tecnologia più umana. Le macchine sono state inventate per facilitare l’uomo e migliorare quindi la sua vita ma, come osserva l’economista tedesco, la quantità di tempo libero di cui gode una data società tende a essere inversamente proporzionale alla quantità di macchine sostitutive del lavoro umano che essa impiega. C’è bisogno di ripensare al nostro modello di sviluppo tecnologico e per fare questo bisogna riflettere su quale posto riservare alla macchina.

Chesterton, in una delle sue opere più famose, aveva espresso, con  la seguente metafora, il posto della macchina all’interno della società: “Il modo migliore e più rapido per farlo è dire che la macchina non deve più essere un gigante al cospetto del quale l’uomo è un pigmeo, ma che dobbiamo invece invertire le proporzioni finché l’uomo diventerà un gigante per il quale la macchina è un giocattolo”[2].

La posizione delle macchine all’interno della società deve essere secondaria, e nella sostituzione dei lavoratori con le macchine Schumacher vede la scomparsa del lavoro veramente produttivo per l’uomo, cioè quello utile e creativo fatto con le proprie mani, il cervello e con tempistiche personali, cioè al proprio ritmo. Per l’economista tedesco c’è bisogno di costruire un nuovo stile di vita in linea con i reali bisogni della natura umana, con la salute dell’uomo e il rispetto delle risorse nel mondo. Quindi il bisogno di una tecnologia che non alieni le persone, e l’economista tedesco vede questa umanizzazione della tecnologia in tutte quelle macchine che aumentano la produttività dell’uomo senza rendere superflui il suo cervello e le sue mani.  

Questa tecnologia viene chiamata da Schumacher “tecnologia intermedia”. Secondo lui, in questo modo si riesce a creare una tecnologia più democratica che sia disponibile a tutti e non solamente al percentile più ricco della popolazione. Contro il gigantismo di oggi Schumacher ci ricorda che l’uomo è piccolo e per questo “piccolo è bello”. Ci invita a creare una tecnologia al servizio reale dell’uomo e non una tecnologia che metta in pericolo la sua sopravvivenza.

L’autore passa anche ad un’analisi economica dell’impatto della tecnologia intermedia. L’urbanizzazione eccessiva crea due economie, quella della metropoli e quella rurale. Servono politiche economiche soprattutto per chi vive nelle zone rurali, altrimenti la disoccupazione porta le persone a spingersi verso le città per cercare fortuna, creando ulteriore miseria. C’è quindi bisogno di un approccio decentrato allo sviluppo, possibile solo attraverso una tecnologia intermedia che sia accessibile ai più e che soprattutto aumenti l’occupazione invece di sostituire l’uomo con la macchina. Più grande è il Paese, maggiore è la necessità di una struttura interna e di un approccio decentrato allo sviluppo: se questa esigenza è trascurata, non c’è speranza per il povero.

Secondo l’economista tedesco la tecnologia intermedia permette alta intensità di lavoro e produzione su piccola scala. Naturalmente, è ovvio che una persona disoccupata produca output zero, e per questo è fondamentale partire dal concetto di occupazione. Alla critica secondo cui il numero di persone con capacità imprenditoriali è limitato e statico, Schumacher risponde che ciò è proprio dovuto all’alta tecnologia accessibile a pochi.

Per un reale sviluppo attraverso la tecnologia intermedia l’economista tedesco individua quattro punti: l’economia dualistica della dicotomia tra città e zone rurali persisterà nel futuro e l’attuale sistema non garantirà di assorbirla del tutto; se non si interverrà sul settore non al passo con la modernità, esso continuerà a disintegrarsi creando disoccupazione e emigrazione di massa verso le aree metropolitane;  i poveri possono essere assistiti solo creando un sistema basato sui loro reali bisogni, quindi su una tecnologia intermedia; sono necessari programmi a livello nazionale e sovranazionale per le tecnologie intermedie al fine di promuovere la piena occupazione. Quest’ultimo punto è particolarmente importante. Infatti, un imprenditore che arriva a implementare tecnologie così avanzate da eliminare i posti di lavoro, alla fine a chi vende i propri prodotti?

L’ autore però si interroga anche su come arrivare a questa piena occupazione. Non sicuramente attraverso elargizione di beni materiali, ma attraverso l’istruzione. Per Schumacher il miglior aiuto che si possa dare è l’aiuto intellettuale, un dono di conoscenze utili: fornire cose materiali rende la gente dipendente, mentre il dono di conoscenze la rende libera.

Alberto Gava


[1] E.F. Schumacher, Buon lavoro, Red Edizioni, Milano 1995, p. 35.

[2][2] G.K. Chesterton, Il profilo della ragionevolezza, Lindau, Torino 2011, p. 166.

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