Louis Veuillot (1813-1883) è una figura di primo piano del giornalismo francese del XIX secolo. Nato da una famiglia operaia, studia da autodidatta rivelando ben presto eccellenti capacità di scrittura, ciò che gli varrà a soli 17 anni l’ingresso nella redazione di un giornale di provincia; sarà l’inizio di una lunga e brillante carriera. Giornalista, scrittore prolifico, polemista di indole radicale ed intransigente, per nulla disposto a scendere a patti con i poteri forti, pagandone il prezzo, Veuillot si dichiarerà nei primi anni liberale, agnostico e totalmente disinteressato alle questioni religiose, fino al 1838, quando, nel corso di un viaggio a Roma, ha la possibilità di incontrare papa Gregorio XVI, evento che cambierà completamente la sua esistenza. Tornato in patria, si dichiarerà convertito, muterà completamente i suoi convincimenti, divenendo uno dei più convinti ed influenti ultramontanisti di Francia (1). Nel 1843 entra nella redazione del giornale cattolico “L’Univers religieux”, diventandone in breve tempo il capo-redattore. Dal punto di vista religioso Veuillot è un appassionato sostenitore dell’autorità ed infallibilità papale, ponendolo spesso in posizioni di conflitto con l’episcopato francese, di tradizione ed indole gallicana (2).  Sul piano politico sarà un deciso oppositore della monarchia costituzionale di Luigi Filippo, mentre inizialmente appoggerà, seppur cautamente, il secondo Impero, data la politica apparentemente filo-cattolica assunta da Napoleone III (difesa del papa al tempo della Repubblica romana nel 1849, legge Falloux favorevole alle scuole libere, in massima parte religiose). Tale simpatia finirà bruscamente quando Napoleone scenderà in Italia, alleato del Piemonte contro l’Impero austro-ungarico, nella II guerra di indipendenza, trasformandosi in aspra critica ed in vero e proprio conflitto, che porterà alla soppressione del giornale, nel 1867. Grande sostenitore dell’infallibilità papale, sarà a Roma dal 1869 per seguire il Concilio Vaticano I, che condurrà proprio alla definizione del relativo dogma, nel 1870. Gli ultimi anni lo vedranno impegnato in una critica sempre più serrata alle istituzioni borghesi. Scrittore prolifico, la sua “opera omnia”  (Oeuvres complètes) comprende romanzi, biografie, corrispondenze giornalistiche, poesie, scritti e saggi polemici.

L’Illusion libérale, che le edizioni Radio spada ha da poco pubblicato (qui) per la prima volta in lingua italiana è un saggio pubblicato nel 1866. Non è (né vuole essere) un’opera filosofica o sociologica che analizzi in modo sistematico il liberalismo, cattolico o laico che sia; lo stile è giornalistico, il periodare serrato, fitto, nervoso, spesso iperbolico, talvolta ellittico; i contenuti sono immaginifici e polemici. L’autore sembra procedere per accumulo, sviluppando con immagini e ragionamenti alcune intuizioni di fondo. Si potrebbe definire un lungo articolo di giornale, anche perché presuppone nel lettore conoscenze di attualità politica di quel periodo o della storia francese dei decenni precedenti, a partire dalla rivoluzione del luglio 1830 che depone l’ultimo sovrano assoluto, Carlo X e pone sul trono Luigi Filippo d’Orléans, primo sovrano costituzionale (“re dei Francesi”).

Il saggio inizia con un ignoto interlocutore, definito dallo stesso autore colto, pio, pieno di buone intenzioni, che senza tanti infingimenti enuncia un vero e proprio manifesto del liberalismo cattolico: il mondo è cambiato, la Chiesa deve adeguarsi ed aggiornarsi se non vuole essere travolta dalla modernità. Quindi basta con gli anatemi e le coercizioni, basta con i privilegi dello stato confessionale, la Chiesa riconosca la libertà come valore fondante anche del suo agire nel mondo. Come conseguenza accetti la neutralità e laicità delle istituzioni pubbliche, con la conseguente separazione Stato/Chiesa (“libera Chiesa in libero stato”) e l’altrettanto necessaria libertà religiosa, come espressione particolare della più generale libertà di manifestazione del pensiero. Il fiume vivo della Storia viaggia in quella direzione ed è inarrestabile: seguirlo sarà l’unica via di salvezza per il cattolicesimo. Di fatto ciò che segue è la confutazione puntuale di ognuna di queste proposizioni.

È interessante notare come quello che a metà ‘800 poteva essere il pensiero eccentrico di un cattolico liberale, comunque di una fazione, oggi è evidentemente ferma convinzione, patrimonio condiviso di tutta la Chiesa visibile, caratterizzato da una riconoscibile impronta storicista (Dio si manifesta nella storia, e lo Spirito Santo tende ambiguamente a confondersi e coincidere con lo Spirito della storia, il “Weltgeist” di Hegel).

Veuillot osserva innanzitutto che questo pensiero non può essere confutato con il solo ragionamento, perché nasce, a suo avviso, da una malattia dell’anima, la fatica e la paura della verità, che si manifestano innanzitutto con la mancanza di orrore per l’eresia ed una certa compiacenza verso l’errore. L’errore, l’eresia, accarezzano le nostre debolezze, sfruttano la nostra passione per gli abiti tagliati sulle nostre misure… E’ proprio delle coscienze deboli desiderare una religione da salotto, comoda e tollerante. Al tempo stesso entra in gioco la superbia umana, che si traduce nella parola chiave della Riforma protestante: autonomia. Questo insieme di fattori genererà, anzi, sta generando, secondo Veuillot, una deviazione della Fede cattolica tra le più gravi che mai si siano viste: l’idea che tutto sia cambiato non solo sulla Terra, ma anche in Cielo. Vessilliferi di quest’eresia sono, saranno uomini affaticati, tentati, timorosi, che non vogliono rompere né con la Chiesa, né col Mondo. Eresia strisciante, non conclamata, difficile da individuare perché non nega del tutto la Verità, non afferma del tutto l’Errore. Logico punto d’arrivo di questa “madre di tutte le eresie”, afferma Veuillot sarà una società dove la Chiesa non c’è perché non ha più senso la sua presenza e l’uomo si crea un dio a sua immagine e somiglianza, un dio che scorre e muta seguendo lo Spirito della storia…allora la razza umana sarà arrivata al culmine del suo progresso tecnico-scientifico e discesa al massimo grado di abiezione, profetizza lo scrittore. Due potenze sono tra loro in guerra, prosegue, la Rivoluzione e la Rivelazione.  Due potenze e tre partiti: il partito della Rivelazione, cioè i cattolici di retta Fede, il partito della Rivoluzione, di cui il liberalismo è la maschera ipocrita e cangiante, e il terzo partito, cioè il cattolicesimo liberale, che pretende di conciliare la Rivoluzione con il Cristianesimo, pretesa generosa, per molti disinteressata, ma del tutto illusoria, essendo la Rivoluzione assolutamente inconciliabile con la Rivelazione cristiana: si può entrare nella casa della Rivoluzione solo passando per la porta dell’apostasia. L’uomo ha il libero arbitrio, la facoltà di fare il male e di non fare il bene, ma questa evidenza ci autorizza a concludere che Dio, lasciando all’uomo questa facoltà, gli abbia dato un esempio ed un modello di indifferenza tra la verità e l’errore, tra il bene ed il male? La libertà dell’uomo è in ordine ai mezzi, non in ordine al suo Fine Eterno. Tutto ciò che emancipa l’uomo dal potere di Dio, afferma Veuillot, lo precipita sotto il potere del Mondo, e Nostro Signore ci dice chiaramente chi è il Padrone del Mondo… modello della libertà cristiana è san Pietro che, di fronte alle supreme autorità giudaiche afferma che “bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini”, atto di emancipazione verso le potenze umane e al tempo stesso atto di sottomissione a Dio, con il conseguente dovere di annunciare il Vangelo. Una Verità che ha la pretesa dell’esclusività, inaudita e scandalosa per una società scettica e sincretista come quella greco-romana, che paradossalmente, vista con gli occhi di oggi appare moderna, “liberale”, non potendo concepire che esistano se non “verità” parziali, etniche, culturali, soggettive, da inserire magari in una nuova nicchia del Pantheon, predisposta alla bisogna.  A questo punto Veuillot pone una domanda insidiosa al lettore: ciò che vale per il singolo può non valere per lo stato, per la collettività? Può lo stato essere indifferente alla Verità? Quale diventa allora il criterio di scelta politica, se non l’utilità, la forza, la volontà di potenza? Per Veuillot un potere non cristiano, svincolato dalla Verità, non può che degenerare in una teocrazia al contrario, una demonocrazia nel vero senso della parola. Del resto, la societas christiana medievale non fu mai teocratica, fondata com’era su due Autorità, una religiosa ed una secolare, distinte ma cooperanti per gli stessi fini naturali (il Buon governo) e soprannaturali (la Salvezza eterna delle anime). Altra riflessione provocatoria: la Chiesa deve rinunciare ai suoi privilegi? Ma lo Stato non ha concesso nessun privilegio alla Chiesa, chiosa Veuillot, le ha semplicemente riconosciuto un modo di essere anteriore alla propria esistenza… è la Chiesa il fondamento primo della nostra civiltà, della nostra cultura e, di conseguenza, delle nostre forme di organizzazione politica. È ragionevole subordinare l’immutabile al transeunte? Del resto, si è mai vista una società libera ove la Chiesa fosse vessata e sottomessa?

Louis Veuillot è sferzante, ultimativo, antimoderno nei suoi giudizi; spesso le sue parole suonano imbarazzanti, quasi insostenibili ai nostri orecchi contemporanei, intrisi, nostro malgrado, di un liberalismo che abbiamo respirato a pieni polmoni da quando siamo al mondo. Eppure, ha intuizioni profonde, oseremmo dire profetiche: a tratti sembra descrivere con precisione il nostro decadente e tormentato mondo post-moderno, ed anche il nostro declinante cattolicesimo…ha però una certezza profonda, una fiducia filiale incrollabile in Pietro, la Roccia, che spesso erompe dalle pagine della sua opera:

 “Se l’eresia rompe gli argini, vi è solo un terreno che non può essere sommerso, non c’è che un rifugio: è la PIETRA. Tu es Petrus…et non prevalebunt. Non è, dice il vescovo di Tulle, una pietra vagante, che oggi è in un luogo, che ieri era in un altro, che domani sarà in un altro ancora. Non è nemmeno una pietra priva di forma, che gli uomini possono modellare a loro piacimento. La PIETRA ha una sua sede, la sua materia, la sua forma, tutto è immutabile. La PIETRA non muta forma per essere “al passo coi tempi””

Che sia di buon auspicio per i nostri difficili, ultimi tempi (o tempi ultimi?)                     

 Gianni Savoldi

NOTE

(1) L’ultramontanismo è il movimento che si sviluppa nel corso del XIX negli stati dell’Europa centrale e settentrionale, rivendicando assoluta fedeltà al papa, ribadendo il suo primato di giurisdizione su tutte le Chiese nazionali e, più tardi, la sua infallibilità sulle questioni di Fede e di morale

(2) Il gallicanesimo è l’atteggiamento dottrinale e politico della chiesa di Francia durante la monarchia assoluta, diretto a rivendicare la propria autonomia nei confronti della Santa Sede

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